Come nasce l’idea di un viaggio a piedi?

Quando incontro le persone iscritte ad un mio viaggio trekking chiedo spesso le ragioni della loro scelta, del perché proprio quel viaggio. Solitamente le risposte sono molto varie, dalle motivazione più pratiche del tipo che avevano le ferie solo in quel periodo, a motivazioni più profonde del tipo che volevano conoscere un po’ meglio i luoghi di origine dei nonni. Nel mezzo tra queste due motivazioni c’è un mondo di risposte, tutte bellissime.

Allo stesso modo i partecipanti spesso mi chiedono come sia nata l’idea del viaggio a cui si sono iscritti. E anche qui si apre un mondo bellissimo e senza limiti, anche perché le ragioni che spingono ad organizzare un viaggio a piedi lungo un itinerario possono essere molto diverse da guida a guida, tanto da creare due trekking anche completamente diversi, seppur sugli stessi sentieri.

I miei viaggi a piedi da proporre in un calendario viaggi sono nati, per quanto mi riguarda, in tantissimi modi: perché ne avevo sentito parlare da altri camminatori, ne avevo letto su libri e riviste, perché i documentari e adesso google, oppure per pura casualità, come per esempio essere costretto a passare 3 giorni in un posto dove non sarei mai andato, in attesa di migliori condizioni meteorologiche per permettere agli aerei di ripartire! Oppure perché semplicemente l’ amico in preda al delirio post divorzio aveva scelto me e solo me per accompagnarlo in vacanza in un luogo di cui non sapevo nemmeno l’esistenza.

Io vi consiglio di chiedere sempre alla vostra guida come è nata l’idea del viaggio perché è li che incontrerete la storia nella storia. Il corpo del viaggio è il sentiero su cui si cammina, ma l’anima vera di quel viaggio, il soffio vitale che crea un viaggio unico, lo da la guida. Il sentiero è il pezzo di legno, Geppetto è la guida e Pinocchio il viaggio che ne viene fuori 🙂 . Chi fa il mio mestiere sa che i sopralluoghi sono viaggi molto particolari, sono come i cammini fuori sentiero e senza strumenti di orientamento, tutto capita per magia e apparentemente per caso e, sempre, si rientra a casa con molte storie da raccontare. Qualunque guida non vede l’ora di ripartire per un nuovo sopralluogo perché, come scrive Baricco in “Novecento”, “Non sei fregato fino a che hai una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”.

Ma facciamo degli esempi concreti…

Così, senza pretese, In poche righe, in modo molto sintetico , descriverò le situazioni che mi hanno portato a creare alcuni itinerari. Prendetelo come un primo commento alla domanda in questione e vi invito invece ad esplorare la questione in profondità qualora vi iscriveste ad un mio viaggio. Fate lo stesso in altri viaggi e con altre guide.

Molti anni fa avevo in calendario un trekking in Garrotxa, una regione della Catalunya. Oggi è una meta proposta non diffusamente dalle varie realtà che si occupano di turismo escursionistico, ma è comunque presente in alcuni calendari viaggi, ne sono molto contento. Tuttavia, quando ci andai per la prima volta per un sopralluogo, sapevo di essere il primo, o tra i primi sicuramente in Italia, a proporre un trekking in quella regione. Lo riproporrò nel 2020, quindi tenevi pronti … Ma come ci arrivai in Garrotxa? Già, semplice: esiste una rete di ex vie ferroviarie in Spagna trasformate in piste ciclabili, si tratta di migliaia di km percorribili in tranquillità e pressoché tutte molto ben organizzate. Il sistema di cui parlo si chiama Vias Verdas, potete qui trovare tutte le informazioni a riguardo: http://www.viasverdes.com . Nel 2002 mi fu chiesto di accompagnare un gruppo in bicicletta dai Pirenei fino a Playa de Aro, attraversando appunto il territorio della Garrotxa, lungo le Vias Verdes. Rimasi affascinato da quei luoghi e ricordo ancora la prima volta che scesi all’ interno del Vulcano Santa Margherita (mettete su google immagini “Volcan Santa Margherita Garrotxa”). In effetti il Parco Vulcanico della Garrotxa presenta circa 80 coni vulcanici perfettamente conservati, e scendendo all’ interno del cratere del Santa Margherita, la vista di un eremo medioevale mi emozionò davvero tanto. Fu in quel momento che decisi di tornarci lo stesso inverno per creare un itinerario a piedi, anche perché mi sembrava che di camminatori li non ce ne fossero molti, sicuramente non ci passava nessun gruppo organizzato. E Come so che le persone non erano abituate a vedere i turisti camminare in quella zona? In un bar, a Olot, pittoresco paesino costruito tra i vulcani, mi si avvicina un signore per dirmi: “Mi scusi, credo che si sia sbagliato sa? Il cammino di Santiago è da tutt’ altra parte!”. In realtà qualche anno dopo iniziarono a segnare il cammino anche da li, per raccordarsi all’ asse principale e ufficiale. Ma se verrete vi racconterò del perché mi ritrovai a camminare nudo di notte con una bottiglia di champagne in mano all’ interno di un campeggio che era tutto per me in quanto ero l’ unico cliente. Joseph, che conobbi lungo il cammino e a cui avevo chiesto se conosceva un posto dove potermi fermare a dormire, dopo avermi invitato a bere un goccetto nella sua cantina, mi avevano dato le chiavi del suo campeggio che in quel periodo era chiuso …

Nel 2006 entrai come guida in “Boscaglia”, storica e quasi mitica associazione che proponeva trekking e viaggi a piedi, fondamentalmente nell’ area del Mediterraneo. Volevo organizzare un bel trekking in un Isola, anche perché mi ero accorto che in tutte le mie proposte c’era sempre la componente dell’ acqua. Il fatto è che quasi tutte le isole in cui mi poteva interessare organizzare un trekking erano mete già di altre guide. Presi un atlante e lo aprii sulla scrivania per avere una visione completa di tutta l’area del Mediterraneo. Fu così che la mia attenzione si concentrò su di un’isola che in realtà non avevo mai preso in considerazione: Cipro. Fare trekking a Cipro da quanto appariva su internet voleva dire farlo a Cipro Sud, nella parte greca, sui monti Troodos, ricchi di sentieri, ma soprattutto di monasteri e bellissime foreste di Cedri dell’Atlante. E’ li che sarei andato se quell’ anno non avesse preso fuoco praticamente tutto il monte. Mi concentrai quindi sulla parte nord, quella turca, su internet non c’era niente che facesse riferimento al trekking, ma fui affascinato dal leggere che esisteva un villaggio in cui si parlava ancora aramaico! L’unico riferimento per il trekking era un certo Peter, un inglese che si era trasferito li, ma non avevo mai ricevuto risposta alle decide di mail che provai a mandargli. Pensai che era tutto perfetto, c’erano tutti gli ingredienti per una bella avventura: avrei preso un taxi da Lefkosa fino alla base delle montagne e poi avrei seguito il crinale principale fino ad arrivare in Karpasia, l’estrema punta orientale dell’isola. Partii con una cartina a 1:200000 e una bussola simile a quelle che si trovano nell’ uovo di Pasqua perché quella “buona” si era rotta. Purtroppo non sapevo che avrei dovuto fare i conti con 5 specie velenosissime di serpenti, con un caldo e un umido infernale, ma soprattutto con molti paesini abbandonati dopo l’invasione turca e dove invece pensavo di potermi fermare la notte. Ero partito un po’, anzi abbastanza “ad cazzum” certo, ma partire “ad cazzum” ha i suoi vantaggi se con l’imprevisto ci si allea invece di sentirlo come possibile nemico. L’unica via per evitare i serpenti era il labirinto di sentieri creato dagli asini selvatici abbandonati dai greci in seguito all’ invasione turca, per cui, bussola a est e via! Quello che successe in quel mese di sopralluoghi meriterebbe un libro a parte, ma il risultato fu la creazione di un trekking che per molti partecipanti degli anni successivi, rimase nella memoria come una delle esperienza di cammino più belle della loro vita. E se verrete vi racconterò di Erdogan, oggi caro amico, che si è fatto molti anni di galera in Turchia per motivi politici, ma anche di quando incontrai in un luogo sperduto per caso e per miracolo Peter che mi salvò da un forte principio di disidratazione. Era lo stesso Peter a cui avevo scritto decine di mail senza ricevere risposta!!! Non lo rividi più, mi dissero che era dovuto scappare perché lo volevano uccidere per i troppi debiti accumulati, io, invece forse gli devo la vita …

All’ università, quindi agli inizi degli anni ’90, una mia amica studentessa in biologia, tornò da un viaggio alle Isole Lofoten e mi raccontò che in cambio di aiuto ai pescatori si poteva venir ospitati in quelle tipiche casette rosse sui fiordi chiamati Rorbu. Fui affascinato dai suoi racconti e mi ripromisi di andarci. Avvenne diversi anni dopo, quando già il turismo ed i Trekking alle Isole Lofoten erano già un pò conosciuti. Oggi, poi, praticamente tutte le casette di pescatori sono oramai solo luoghi belli e comodi dove dormire, farsi una doccia calda e magari mettersi a leggere “Una discesa nel Maelström” di Edgar Allan Poe. Praticamente i piccoli pescatori sono spariti, ci sono per lo più grandi pescherecci di grandi compagnie e l’economia delle Isole, a livello artigianale, si basa praticamente solo sul turismo. Tuttavia sono però orgoglioso di aver creato un itinerario dove rimaniamo a dormire in due posti fantastici, luoghi rimasti esattamente come una volta, ultimi baluardi di una cultura che è sparita quasi totalmente. E Se verrete vi racconterò di come Knut e Hanna, detta Paperoga, proprietari di due strutture dove dormiamo, tirando fuori un martello enorme, una incudine e una tenaglia, mi prepararono una ottima cena!

Il punto di partenza è comunque il proprio viaggiare, per me, per esempio, il viaggio è prima di tutto un atto creativo, ma di questo vi parlerò in un altro articolo.

Ogni viaggio ha legate a se molte storie, bellissime sono quelle del Trekking in Penisola Sorrentina. Da questo anno porterò con me anche Luigi in Penisola, ereditai il suo trekking in Boscaglia e oggi lui cammina dove non ci sono sentieri se non quelli dati dal vento. Pur lavorando per due realtà diverse e, diciamo, concorrenti, ogni anno ci accordavamo sulle date in modo da non accavallarci. Che bel momento era quello, non mancava mai un sincero e reciproco in bocca al lupo per il trekking dell’altro.

L’amicizia, quella si che è davvero un bel viaggio…

Luca Panaro

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