Storia e Cultura della Valle Maira di Donatella Guerrini – Primo Capitolo: “La piccola epopea dei mestieri itineranti da Elva a Celle Macra”

Introduzione

Con questo articolo iniziamo una collaborazione con la Guida Turistica Donatella Guerrini che da tanti anni lavora con i gruppi della nostra guida Maurizio Barbagallo durante i Trekking in Val Maira. Donatella ci aiuterà a scoprire la Storia e la Cultura della Val Maira. Le foto sono di Emanuele Biguzzi.

I Cavié di Elva

La vicenda di Elva è assai curiosa per la forte volontà dei suoi abitanti e l’intraprendenza dimostrata nell’escogitare un’ attività che per molti anni ha permesso loro di continuare a vivere nel loro splendido paese, arroccato e per molto tempo difficilmente raggiungibile perché collegato al resto del mondo solamente da una mulattiera. Conclusa la breve stagione agricola, gli elvesi si recavano” ‘n Piemunt”, a fare gli arrotini, vendere stoffe e chincaglierie tornando in autunno con il denaro necessario per passare l’inverno. Tuttavia, il mestiere che si diffuse ad Elva ed ebbe un ruolo importante nell’economia del paese per più di un secolo fu quello della raccolta, trattamento e commercio dei capelli. Quando e come la pratica di questa attività si diffuse non è dato sapere con precisione anche se si suppone che fu portato ad Elva da alcuni soldati dopo la pace di Campoformio del 1797 che concluse la prima avanzata di Napoleone contro l’Austria nella regione veneta dove il mestiere era già sviluppato.

Alcuni uomini di Elva, partivano generalmente nel periodo dei Santi con in spalle i panni, “le drunere” di produzione valligiana da scambiare con i capelli. Durante il lungo viaggio dormivano nei fienili, trovavano ospitalità tant’è che in molti paesi e borgate d’Italia i compratori di capelli di Elva divennero presto celebri. A volte era difficile convincere le ragazze a tagliarsi le lunghe chiome perché esse temevano le ire del marito o del padre ma spesso con il loro savoir faire e l’abilità oratoria, i cavié riuscivano a convincerle dando loro in cambio denaro oppure robuste stoffe per il loro corredo. Negli Archivi del Comune, negli anni 1828/30 compare già tra i consiglieri comunali un “negoziante in cascame” di nome Dao Giovanni, di anni 52, domiciliato a San Damiano Macra, letterato e con buon reddito, qualità richieste per far parte del Consiglio Comunale.

Sicuramente l’attività fu abbastanza redditizia e quindi molto praticata e venne citata in alcuni testi storici che fanno riferimento all’economia della Valle Maira tra cui quello del Dottor Balocco del 1932 dove si legge: “Apriamo una parentesi che ha valore di curiosità locale: i cavié. Di cavié ve n’ha una spruzzatura ad Oncino, in Valle Po; un’altra spruzzatura dall’altra parte dell’Italia, a Palermo. Il grosso che detta legge è ad Elva. Che cosa fanno i Cavié? Raccolgono i cascami femminili; li portano ad Elva dove vengono sottoposti ad una paziente lavorazione a cui sono addette cinquecento persone e dalla quale escono ricomposti in trecce linde, uniformi per colore, lunghezza, finezza, qualità che incettatori grossisti di Elva esportano ad alto prezzo nelle metropoli europee della moda, Parigi, Londra, dove vengono utilizzate nei saloni dell’acconciatura femminile. Di questo Elva vive.”

L’attività viene praticata intensamente per circa un secolo e mezzo, dopo la seconda guerra mondiale il filone si esaurisce , il mercato viene occupato da parrucche provenienti dall’Oriente e confezionate con fibre sintetiche e dai prezzi nettamente inferiori anche se meno durature. Non si poteva competere con prezzi così bassi ed in ultimo, sopraggiunge anche il fatto che i capelli naturali non erano più resistenti come un tempo causa i lavaggi frequenti che li fanno divenire più secchi senza il forte colore di un tempo. Cambia anche il tipo di clientela, poiché le parrucche di capelli veri venivano acquistate da donne ricche mentre quelle meno pregiate da donne dal reddito medio.

La Casa della Meridiana a Elva

 

Donatella Guerrini nel Mueso dei Raccoglitori di Capelli di Elva

Gli Anciuìe di Celle di Macra

Ancora attualmente nei mercati del Nord Italia si possono vedere i banchi dei venditori di pesce conservato:  stoccafisso, baccalà, tonno e le acciughe sotto sale nelle loro inconfondibili latte.
Non tutti sanno che la maggior parte di questi commercianti ha origini valmairesi ed in particolare del territorio che va da Celle di Macra a Ruata Prato passando per Paglieres.

Anche sulle origini dell’acciugaio sono state fatte molte ipotesi senza aver raggiunto delle certezze, alcune assai suggestive, altre più pragmatiche. C’è chi racconta di un bravo bottaio di nome Einaudi di borgata Combe che in autunno lasciava il luogo natio per andare a prestare la sua opera sulla riviera ligure; la primavera di un anno imprecisabile del ‘600, mentre si accingeva a tornare a casa ebbe l’idea di riempire di acciughe una delle sue piccole botti, tanto per non tornare con il carretto vuoto. Ben prima di arrivare in valle si ritrovò con il barile vuoto e con ben più soldi in tasca di quelli che aveva guadagnato aggiustando botti. Quando arrivò a Combe raccontò la sua mirabile impresa e siccome erano tanti coloro che in autunno dovevano emigrare per sbarcare il lunario durante l’inverno, venne loro in mente di seguire l’esempio di Einaudi.

In alcuni decenni, questa attività si sarebbe talmente diffusa da divenire fondamentale per l’economia della valle. Questa “leggenda” non trova tutti concordi sull’origine del mestiere perché l’acciuga salata pare fosse già conosciuta ad Asti in pieno Medio Evo comunale con il nome di “inchioda”, tanto da essere usata come premio di consolazione per l’ultimo arrivato al Palio. Alcuni sostengono che anche i vignaioli della Langa, festeggiassero la fine della vendemmia con la bagnacauda poco dopo l ‘anno Mille. Poiché in quei tempi i mercati erano scarsi e si tenevano soltanto nei centri maggiori, le strade erano scomode e a volte impraticabili, qualcuno si occupava di far arrivare la merce a domicilio, sfidando le intemperie e le difficoltà. Questa supposizione pare attendibile ed indica la disponibilità al commercio di acciughe ma non connota il venditore. Quindi se le tracce documentate del commercio nelle Alpi risale al Seicento non si può escludere che esistesse già, con modalità diverse in tempi più remoti.

Inizialmente partirono in tanti ma come sempre accade, soltanto alcuni riuscirono a resistere sconfiggendo la concorrenza e tramandandosi il mestiere in famiglia, in alcuni casi fino ai giorni nostri.

Anticamente era duro viaggiare a piedi spingendo il carrettino colmo di barili lungo strade accidentate e con qualsiasi tempo atmosferico; alcune volte si riusciva a malapena a sbarcare il lunario e si era costretti a girovagare lontano dalla propria casa per interi mesi. Si passava nelle campagne ma anche nei mercati delle grandi città del Nord Italia, Milano, Pavia, Alessandria…La vendita delle tele, legate al mondo rurale ad un certo punto si esaurì ma in compenso si estese il commercio del pesce conservato divenendo una professione. Mentre ai tempi dell’emigrazione stagionale la moglie rimaneva a casa a seguire i figli ed occuparsi del bestiame, in seguito cominciò a viaggiare con il marito ed i figli al seguito.

Ben presto, i più intraprendenti divennero i “capi” acciugai, sfruttando stormi di ragazzi giovanissimi che lavoravano per pochi soldi. Per regolare un po’ la concorrenza si dovettero delimitare ed assegnare zone di vendita anche se invidie e rabbie continuavano a circolare: i più forti si affermarono, tanti condussero una vita stentata, parecchi fallirono. Nel dopoguerra scomparvero le figure dei venditori che passavano di casa in casa e la professione si fece più umana. Si continuava a girare nelle campagne, ormai in fase di spopolamento ma i contadini possedevano l’auto e non avevano più bisogno del servizio a domicilio, andavano direttamente sul mercato a comprare l’acciuga dal venditore che preferivano.

L’acciugaio comprese così che in quella fase quello che contava di più era di avere in mano i movimenti della merce facendo sorgere il commercio all’ingrosso; i rappresentanti più intraprendenti della categoria si organizzarono in modo da avere magazzini di importazione, stoccaggio e distribuzione per fornire gli acciugai “minori”.

Nella società industrializzata del dopoguerra, cambiarono le abitudini alimentari per cui l’acciuga non era più un cibo a basso costo e le donne non avevano più il tempo per elaborare e variare i piatti. Questo fece si che il consumo dell’acciuga calasse e il venditore diversificasse la merce cominciando a vendere anche altro tipo di pesce salato come: sardine, tonno sott’olio, acciughe affumicate, merluzzo, stoccafisso, baccalà. A questa merce si aggiunse anche la grande varietà di scatolame che contribuì all’incremento delle vendite.

La figura del commerciante di questo periodo storico non aveva più molto in comune con quella del tempo passato, girovaga e un po’ bohémienne. I moderni acciugai ritornano ogni in estate nei loro paesi d’origine su moderne auto, parlano di inflazione, commercio con l’estero, industria di trasformazione… Tuttavia si percepisce in loro, nonostante vivano nelle grandi città e siano totalmente calati nella società del consumo, un forte attaccamento alle loro radici, alla storia dei loro antenati che hanno gettato le basi di un’attività che si è rilevata per molti un’opportunità di riscatto sociale e di realizzazione personale. La consapevolezza delle loro origini conferisce loro un’identità ben precisa che si rivela nel loro trascorrere periodi, seppur brevi nelle borgate della Valle Maira, dove restaurano la casa di famiglia non senza una certa ostentazione del buon livello sociale raggiunto al costo di un lavoro duro, anche se redditizio.

Come si è visto l’arte del commercio ambulante ha radici antichissime, si può dire che sia nato con l’uomo. L’arte del comprare e del vendere è stata e lo è ancora attualmente, l’anello di una comunicazione culturale tra tribù e popoli, il legame che ci unisce al nostro passato, a presente e futuro. La storia ufficiale ci tramanda le vicende di personaggi importanti, imperatori, re, papi e molto spesso non si viene a conoscenza di storie di vita individuali di uomini che hanno fatto la storia; con la loro intraprendenza hanno saputo inventarsi un lavoro, hanno attraversato interi paesi su sentieri, mulattiere, passando tra guerre, epidemie e carestie diffondendo conoscenza, distribuendo generi vitali alla sussistenza dell’uomo.

Museo della Casa della Meridiana di Elva

Le acciughe nella cucina della Valle Maira

Per chi volesse conoscere Donatella e altri Esperti protagonisti della rinascita della Valle Maira consiglio di iscriversi al viaggio in partenza l’8 di agosto 2023.
Trekking in Val Maira: il sentiero occitano e i Lou Dalfin (trekkilandia.it)

Il contatto di Donatella Guerrini per organizzare visite nella zona: dona.ziaba@libero.it

Il sentiero occitano classico – TREKKILANDIA

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Maurizio Barbagallo

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