
La regione del casentino rappresenta da sempre per me l’ideologia del pellegrinaggio, della figura del pellegrino che cammina solitario nei fitti boschi tra le monatgne trovando riparo nei villaggi o nelle foresterie. questi boschi secolari evocano in me pace e calma come una sorta di cammino spirituale, infatti non è un caso che nel casentino si possano trovare una serie innumerevoli di santuari e di eremi, come l’eremo di Camaldoli o il santuario della Verna.
Il mio trekking attraversa quasi tutto il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, partendo da San Bendetto in Alpe e arrivando all’eremo di Camaldoli
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si estende nel mezzo delle due regioni Toscana ed Emilia-Romagna, più precisamente tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze. La sua superficie, di circa 37mila ettari, è casa di numerosi sentieri, da percorrere a piedi ed anche in bici.
Essendo una zona protetta, non può essere facilmente attraversata in auto: ecco dunque che, il trekking, è la soluzione migliore per esplorare questo luogo. Basti pensare che sono 54 i principali sentieri percorribili a piedi: una vastità di scelta davvero interessante, che consente di organizzare straordinarie escursioni in gruppo oppure in solitaria. Se invece si preferiscono le due ruote, le alternative sono altrettante. Poco importa, se si è ciclisti esperti o semplici principianti: il parco nazionale delle foreste casentinesi ben si adatta ad ogni tipo di preparazione. E farà la gioia anche degli amanti della mountain bike.
Camminando lungo i sentieri, infatti, è possibile godere di alcuni tra i più bei panorami della Romagna e della Toscana. Inoltre, nei giorni più sereni, si possono scorgere i due mari e persino le Alpi.
Tra i percorsi più noti di trekking nelle foreste casentinesi vi è il Sentiero delle Foreste Sacre, che si articola in sette tappe da percorrersi in altrettanti giorni. Si parte dal lago di Ponte Tredozio e si arriva fino a La Verna, incamminandosi lungo un sentiero privo (o quasi) di contatti con la civiltà, immerso nell’ambiente catartico dei boschi.
Un altro itinerario particolarmente suggestivo è l’Alta via dei parchi, che parte da Cisa (in provincia di Parma) e arriva anch’esso alla rupe di La Verna. Da qui, poi, è possibile raggiungere l’eremo di Monte Carpegna, sito all’interno del parco Sasso Simone e Simoncello.
Il percorso, diviso in 27 tappe e lungo 500 chilometri, passa per circa 10 province tra Toscana, Emilia-Romagna e Marche. Non è un trekking facile, se non si è ben allenati, ma la fatica è straordinariamente riparata: il meglio delle montagne appenniniche si mostra davanti agli occhi, e s’attraversano due parchi nazionali e ben cinque parchi regionali.
Trovandosi su di un territorio prevalentemente montuoso e boschivo, il caldo delle stagioni estive non arriva a farsi sentire troppo nel parco nazionale delle foreste casentinesi, mentre d’inverno è sempre bene portare con sé una giacca pesante date le basse temperature.
La neve riveste i sentieri, nei mesi più freddi, ma il parco non si ferma. Anzi: vengono quotidianamente organizzate escursioni con le ciaspole, della durata anche di più giorni.
Per chi arriva in auto, in base al sentiero prescelto è possibile fermarsi a Barberino del Mugello, Firenze e Arezzo per la parte toscana; oppure Faenza, Forlì e Cesena per la parte romagnola.
Si può accedere al parco anche tramite treni che partono da Bibbiena, Poppi, Pratovecchio e Stia se si intende visitare il versante casentinese, dalla stazione di Pontassieve e Contea-Londa se si punta al versante mugellano, da Faenza, Forlì e Cesena se la propria destinazione è la parte romagnola.
In alternativa, dalle città sopra indicate partono numerosi autobus che arrivano al parco in tutta sicurezza.
La regione del casentino rappresenta da sempre per me l’ideologia del pellegrinaggio, della figura del pellegrino che cammina solitario nei fitti boschi tra le monatgne trovando riparo nei villaggi o nelle foresterie. questi boschi secolari evocano in me pace e calma come una sorta di cammino spirituale, infatti non è un caso che nel casentino si possano trovare una serie innumerevoli di santuari e di eremi, come l’eremo di Camaldoli o il santuario della Verna.
Il mio trekking attraversa quasi tutto il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, partendo da San Bendetto in Alpe e arrivando all’eremo di Camaldoli
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si estende nel mezzo delle due regioni Toscana ed Emilia-Romagna, più precisamente tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze. La sua superficie, di circa 37mila ettari, è casa di numerosi sentieri, da percorrere a piedi ed anche in bici.
Essendo una zona protetta, non può essere facilmente attraversata in auto: ecco dunque che, il trekking, è la soluzione migliore per esplorare questo luogo. Basti pensare che sono 54 i principali sentieri percorribili a piedi: una vastità di scelta davvero interessante, che consente di organizzare straordinarie escursioni in gruppo oppure in solitaria. Se invece si preferiscono le due ruote, le alternative sono altrettante. Poco importa, se si è ciclisti esperti o semplici principianti: il parco nazionale delle foreste casentinesi ben si adatta ad ogni tipo di preparazione. E farà la gioia anche degli amanti della mountain bike.
Camminando lungo i sentieri, infatti, è possibile godere di alcuni tra i più bei panorami della Romagna e della Toscana. Inoltre, nei giorni più sereni, si possono scorgere i due mari e persino le Alpi.
Tra i percorsi più noti di trekking nelle foreste casentinesi vi è il Sentiero delle Foreste Sacre, che si articola in sette tappe da percorrersi in altrettanti giorni. Si parte dal lago di Ponte Tredozio e si arriva fino a La Verna, incamminandosi lungo un sentiero privo (o quasi) di contatti con la civiltà, immerso nell’ambiente catartico dei boschi.
Un altro itinerario particolarmente suggestivo è l’Alta via dei parchi, che parte da Cisa (in provincia di Parma) e arriva anch’esso alla rupe di La Verna. Da qui, poi, è possibile raggiungere l’eremo di Monte Carpegna, sito all’interno del parco Sasso Simone e Simoncello.
Il percorso, diviso in 27 tappe e lungo 500 chilometri, passa per circa 10 province tra Toscana, Emilia-Romagna e Marche. Non è un trekking facile, se non si è ben allenati, ma la fatica è straordinariamente riparata: il meglio delle montagne appenniniche si mostra davanti agli occhi, e s’attraversano due parchi nazionali e ben cinque parchi regionali.
Trovandosi su di un territorio prevalentemente montuoso e boschivo, il caldo delle stagioni estive non arriva a farsi sentire troppo nel parco nazionale delle foreste casentinesi, mentre d’inverno è sempre bene portare con sé una giacca pesante date le basse temperature.
La neve riveste i sentieri, nei mesi più freddi, ma il parco non si ferma. Anzi: vengono quotidianamente organizzate escursioni con le ciaspole, della durata anche di più giorni.
Per chi arriva in auto, in base al sentiero prescelto è possibile fermarsi a Barberino del Mugello, Firenze e Arezzo per la parte toscana; oppure Faenza, Forlì e Cesena per la parte romagnola.
Si può accedere al parco anche tramite treni che partono da Bibbiena, Poppi, Pratovecchio e Stia se si intende visitare il versante casentinese, dalla stazione di Pontassieve e Contea-Londa se si punta al versante mugellano, da Faenza, Forlì e Cesena se la propria destinazione è la parte romagnola.
In alternativa, dalle città sopra indicate partono numerosi autobus che arrivano al parco in tutta sicurezza.
L’Isola d’Elba rappresenta per me qualcosa di magico, un sentimento di amore verso un terra così vicina a casa mia, ma allo stesso tempo così lontana. È stata la prima a darmi quella sensazione di libertà e adrenalina che da giovane cercavo così assiduamente. Il primo amore, qui ho condotto il mio primo trekking di gruppo qui ho fatto il mio primo trekking in solitaria qui ho versato le mie prime lacrime davanti ad un tramonto. Per me l’isola d’Elba, o come la chiamo io una montagna persa nel mare, rappresenta e sempre rappresenterà il lato romantico del trekking dove le emozioni diventano un tutt’uno con la natura circostante. Il mio trekking, la mia GTE – Grande Traversata Elbana è un viaggio alla continua ricerca di emozioni che solo gli angoli nascosi di questa isola sanno darti.
Un’oasi verde nel cuore pulsante dell’Arcipelago Toscano. L’Elba è la terza isola più grande d’Italia, la più grande delle Isole dell’Arcipelago Toscano, perla del Tirreno ad un passo dal canale di Corsica. Questa particolare posizione geografica ne fa un luogo incantevole per le sfumature del suo mare, le cui acque virano dal verde smeraldo al blu intenso. Un luogo incantato che d’autunno ospita spesso, al largo della costa, piccoli cetacei che nuotano liberi.
L’Elba è nota per le sue spiagge incontaminate, dalla sabbia bianca e l’attrattività vivace. Capo bianco è tra le mete più gettonate del turismo estivo di massa, meno nota e caratterizzata da affascinanti grotte superficiali è invece Prunini. Ma, chi ama la natura, non può perdersi un trekking nel Parco Nazionale dell’Arcipelago toscano. Unico nel suo genere per l’incantevole posizione, offre la possibilità di escursioni e regala tramonti da sogno. La flora dell’intera Elba è il suo punto di forza, del resto: la trasforma in un piccolo Eden di profumate ginestre, immense foreste di leccio e boschi di castagno.
Il clima dell’Isola d’Elba è di tipo mediterraneo–costiero. Gli inverni non registrano temperature particolarmente fredde, e le piogge sono rare in particolare nel periodo estivo. Con queste caratteristiche climatiche, l’isola è destinazione perfetta per i trekker in primavera e all’inizio dell’estate.
Ad agosto le temperature non superano mai i 30°C, grazie al vento di Maestrale che spira per l’intero anno solare contribuendo a rendere meno afosi i mesi più caldi. Raramente il Libeccio, soprattutto a luglio, impedisce ai traghetti di partire per le isole dell’Arcipelago toscano.
Il segreto per ripararsi dal vento, se dovesse essere fastidioso, è saper scegliere il versante migliore in base alla sua direzione. Utile dunque consultare il meteo, anche secondo questo aspetto, per orientare il proprio trekking itinerante alla scoperta dell’Elba.
Per raggiungere l’Isola d’Elba è necessario prendere il traghetto da Piombino Marittima. La tratta è ben coperta: in media partono traghetti verso l’isola ogni 30 minuti, con diverse compagnie di navigazione tra cui scegliere.
Il viaggio dura circa un’ora, e gli attracchi di destinazione sono Portoferraio, Rio Marina e Cavo.
Poche le compagnie aeree che collegano le principali città italiane ed estere con l’isola. L’aeroporto elbano di La Pila si trova a pochi chilometri da Marina di Campo ed è facilmente raggiungibile da ogni località dell’isola.
L’Isola d’Elba rappresenta per me qualcosa di magico, un sentimento di amore verso un terra così vicina a casa mia, ma allo stesso tempo così lontana. È stata la prima a darmi quella sensazione di libertà e adrenalina che da giovane cercavo così assiduamente. Il primo amore, qui ho condotto il mio primo trekking di gruppo qui ho fatto il mio primo trekking in solitaria qui ho versato le mie prime lacrime davanti ad un tramonto. Per me l’isola d’Elba, o come la chiamo io una montagna persa nel mare, rappresenta e sempre rappresenterà il lato romantico del trekking dove le emozioni diventano un tutt’uno con la natura circostante. Il mio trekking, la mia GTE – Grande Traversata Elbana è un viaggio alla continua ricerca di emozioni che solo gli angoli nascosi di questa isola sanno darti.
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Un’oasi verde nel cuore pulsante dell’Arcipelago Toscano. L’Elba è la terza isola più grande d’Italia, perla del Tirreno ad un passo dal canale di Corsica. Questa particolare posizione geografica ne fa un luogo incantevole per le sfumature del suo mare, le cui acque virano dal verde smeraldo al blu intenso. Un luogo incantato che d’autunno ospita spesso, al largo della costa, piccoli cetacei che nuotano liberi.
L’Elba è nota per le sue spiagge incontaminate, dalla sabbia bianca e l’attrattività vivace. Capo bianco è tra le mete più gettonate del turismo estivo di massa, meno nota e caratterizzata da affascinanti grotte superficiali è invece Prunini. Ma, chi ama la natura, non può perdersi un trekking nel Parco Nazionale dell’Arcipelago toscano. Unico nel suo genere per l’incantevole posizione, offre la possibilità di escursioni e regala tramonti da sogno. La flora dell’intera Elba è il suo punto di forza, del resto: la trasforma in un piccolo Eden di profumate ginestre, immense foreste di leccio e boschi di castagno.
Il clima dell’Isola d’Elba è di tipo mediterraneo–costiero. Gli inverni non registrano temperature particolarmente fredde, e le piogge sono rare in particolare nel periodo estivo. Con queste caratteristiche climatiche, l’isola è destinazione perfetta per i trekker in primavera e all’inizio dell’estate.
Ad agosto le temperature non superano mai i 30°C, grazie al vento di Maestrale che spira per l’intero anno solare contribuendo a rendere meno afosi i mesi più caldi. Raramente il Libeccio, soprattutto a luglio, impedisce ai traghetti di partire per le isole dell’Arcipelago toscano.
Il segreto per ripararsi dal vento, se dovesse essere fastidioso, è saper scegliere il versante migliore in base alla sua direzione. Utile dunque consultare il meteo, anche secondo questo aspetto, per orientare il proprio trekking itinerante alla scoperta dell’Elba.
Per raggiungere l’Isola d’Elba è necessario prendere il traghetto da Piombino Marittima. La tratta è ben coperta: in media partono traghetti verso l’isola ogni 30 minuti, con diverse compagnie di navigazione tra cui scegliere.
Il viaggio dura circa un’ora, e gli attracchi di destinazione sono Portoferraio, Rio Marina e Cavo.
Poche le compagnie aeree che collegano le principali città italiane ed estere con l’isola. L’aeroporto elbano di La Pila si trova a pochi chilometri da Marina di Campo ed è facilmente raggiungibile da ogni località dell’isola.
Per me il Parco Nazionale del Gran Paradiso rappresenta la vera montagna, meravigliosamente aspra, maestosa e imponente. L’animale simbolo del parco, lo stambecco ha sempre suscitato in me una sorta di ammirazione, così potente così forte così misterioso, così sfuggente. Le stesse identiche emozioni le provo ogni volta che entro nel parco, una sorta di ammirazione e di impotenza a tanta potenza e bellezza. Ecco perchè amo fare trekking tra queste montagne, proprio per ricordare a me stesso che noi i fin dei conti siamo solo ospiti e quindi dobbiamo dare alla montagna e alla natura il rispetto si merita.
Posso sintetizzare il mio viaggio nel Parco del Gran paradiso come…Un vero trekking di montagna itinerante zaino in spalla…questo è il miglior modo di visitare il parco del Gran Paradiso. Fare questo viaggio significa ammirare, con rispetto e meraviglia la sua fauna: le marmotte, le donnole, i camosci, le volpi, le lepri, gli ermellini, le faine, le aquile reale e un’infinita varietà di oggetti. Significa immergersi in una natura selvaggia, che d’estate si colora e d’inverno si lascia rivestire dalla neve. Il nostro trekking itinerante tra queste vette, è un’imperdibile esperienza di vera montagna che ha come culmine la vetta del Gran Paradiso (a 4091 metri).
È il parco nazionale più antico d’Italia, il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Ed è anche uno dei più belli. Il suo territorio comprende una parte di Piemonte e una di Val d’Aosta, chiudendo in un abbraccio il monte da cui prende il nome
Qui, in quelle Alpi che prendono il nome di Alpi Graie, attorno a quel massiccio che supera i 4000 metri (unico sul territorio italiano), vive lo stambecco. L’animale simbolo del parco, protetto dall’ente e – per un certo periodo – dato per estinto in Europa. Ed è proprio con l’intento di “conservare la fauna e la flora e di preservare le speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio” che – il 3 dicembre 1922 – il re Vittorio Emanuele III istituì il Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Il clima del Parco Nazionale del Gran Paradiso è di tipo alpino-continentale, con inverni freddi ed estati miti. Le piogge sono più frequenti sul versante piemontese, in quanto il Gran Paradiso ferma le correnti umide provenienti dal Mar Mediterraneo.
Per arrivare in auto al Parco Nazionale del Gran Paradiso bisogna raggiungere Torino e, da qui, prendere la SP 460 della Valle Orco. In alternativa, si può prendere da Ivrea la la SP 565 e poi la SP 460 oppure, se si proviene dalla Val d’Aosta, la A5 uscendo ad Aosta Ovest.
Si può raggiungere il parco anche in treno scendendo a Torino, Ivrea o Pont Canavese e proseguendo da qui in autobus: le linee principali per le aree piemontesi sono la Rivarolo-Pont-Locana-Noasca per la valle Orco e la Torino-Pont Canavese-Valprato per la val Soana, mentre per le aree valdostane bisogna salire a bordo delle linee Savda.
Gli aeroporti più vicini sono quelli di Torino e di Aosta.
Per me il Parco Nazionale del Gran Paradiso rappresenta la vera montagna, meravigliosamente aspra, maestosa e imponente. L’animale simbolo del parco, lo stambecco ha sempre suscitato in me una sorta di ammirazione, così potente così forte così misterioso, così sfuggente. Le stesse identiche emozioni le provo ogni volta che entro nel parco, una sorta di ammirazione e di impotenza a tanta potenza e bellezza. Ecco perchè amo fare trekking tra queste montagne, proprio per ricordare a me stesso che noi i fin dei conti siamo solo ospiti e quindi dobbiamo dare alla montagna e alla natura il rispetto si merita.
Posso sintetizzare il mio viaggio nel Parco del Gran paradiso come…Un vero trekking di montagna itinerante zaino in spalla…questo è il miglior modo di visitare il parco del Gran Paradiso. Fare questo viaggio significa ammirare, con rispetto e meraviglia la sua fauna: le marmotte, le donnole, i camosci, le volpi, le lepri, gli ermellini, le faine, le aquile reale e un’infinita varietà di oggetti. Significa immergersi in una natura selvaggia, che d’estate si colora e d’inverno si lascia rivestire dalla neve. Il nostro trekking itinerante tra queste vette, è un’imperdibile esperienza di vera montagna che ha come culmine la vetta del Gran Paradiso (a 4091 metri).
È il parco nazionale più antico d’Italia, il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Ed è anche uno dei più belli. Il suo territorio comprende una parte di Piemonte e una di Val d’Aosta, chiudendo in un abbraccio il monte da cui prende il nome
Qui, in quelle Alpi che prendono il nome di Alpi Graie, attorno a quel massiccio che supera i 4000 metri (unico sul territorio italiano), vive lo stambecco. L’animale simbolo del parco, protetto dall’ente e – per un certo periodo – dato per estinto in Europa. Ed è proprio con l’intento di “conservare la fauna e la flora e di preservare le speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio” che – il 3 dicembre 1922 – il re Vittorio Emanuele III istituì il Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Il clima del Parco Nazionale del Gran Paradiso è di tipo alpino-continentale, con inverni freddi ed estati miti. Le piogge sono più frequenti sul versante piemontese, in quanto il Gran Paradiso ferma le correnti umide provenienti dal Mar Mediterraneo.
Per arrivare in auto al Parco Nazionale del Gran Paradiso bisogna raggiungere Torino e, da qui, prendere la SP 460 della Valle Orco. In alternativa, si può prendere da Ivrea la la SP 565 e poi la SP 460 oppure, se si proviene dalla Val d’Aosta, la A5 uscendo ad Aosta Ovest.
Si può raggiungere il parco anche in treno scendendo a Torino, Ivrea o Pont Canavese e proseguendo da qui in autobus: le linee principali per le aree piemontesi sono la Rivarolo-Pont-Locana-Noasca per la valle Orco e la Torino-Pont Canavese-Valprato per la val Soana, mentre per le aree valdostane bisogna salire a bordo delle linee Savda.
Gli aeroporti più vicini sono quelli di Torino e di Aosta.