Marco, una delle nostre due guide expat di Trekkilandia, ci parla di come ha scoperto e del perché ha deciso di stabilirsi nella cittadina di Puerto Natales, Patagonia cilena, nella quale risiede stabilmente da oramai cinque anni e che utilizza sia come base per i trekking all’interno del parco nazionale Torres del Paine e nel resto della Patagonia argentina, sia per i viaggi a piedi che organizza in Perù durante l’inverno australe.
Ci racconti quando e come hai conosciuto questa terra estrema di cui ti sei innamorato?
Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri; era il 27 settembre 2013, la primavera stava sbocciando in Patagonia ed io provenivo da quasi un anno di viaggio zaino in spalla che iniziai novembre 2012 dal Messico e che mi portò ad attraversare e conoscere la maggior parte dei paesi centro americani. Raggiunsi Santiago e successivamente Valparaiso in cui mi fermai a visitare un carissimo amico, Nicolas, che conobbi ad Amburgo durante la mia esperienza Erasmus. Assieme a lui e alla sua gentilissima famiglia passai un paio di settimane, ero curioso di conoscere il loro paese ma anche un po’ stanco di girovagare senza una meta e avevo voglia di ritornare ad una sorta di routine quotidiana. Ricordo che nella libreria di casa c’era un bellissimo volume che parlava di un parco nella lontana Patagonia cilena, Torres del Paine, che ignoravo, e di quando in quando lo sfogliavo trovandoci immagini meravigliose.
Poi un giorno parlando con Nico, mi disse che poteva passarmi dei contatti per cercare lavoro all’interno del parco; così fece, inviai varie e-mail con il mio curriculum e dopo meno di una settimana avevo già un paio di risposte. La stagione turistica era alle porte e alcuni hotel e rifugi cercavano personale per iniziare a lavorare a fine settembre. Eccola lì, quella era la mia occasione. Sicché senza pensarci due volte, ringraziai la famiglia Muller per l’ospitalità e presi un biglietto di sola andata Santiago – Punta Arenas, 2600km di autubus attraversando le Ande, entrando in Argentina per poi uscirne e raggiungere la città di Punta Arenas, nel cuore della regione di Magallanes. Cercai un ostello e all’indomani mi recai al mio primo colloquio, ero nervoso, vestito da viaggiatore, biascicando un cileno (in Cile si usa uno slang molto diverso dallo spagnolo “castellano”) ancora alle prime armi, tuttavia, la buona sorte mi dette un’opportunità e così…baam, mi ritrovai in un altro bus diretto a Puerto Natales e successivamente a Torres del Paine.

La giornata era splendida, da decine di kilometri si vedeva il massiccio del Paine avvicinarsi sempre più; i laghi turchesi, i guanacos, le torri, i cuernos…e poi l’Hosteria Pehoe, un piccolo albergo situato su un’isoletta all’interno dell’omonimo lago. La vista da lì era spaventosa, e decisi subito che per otto mesi quella poteva essere la mia nuova “casa”.
Che meraviglia, sicché ti sei messo subito a lavorare come guida nel parco?
No, no, tutt’altro. In quel momento, all’hosteria Pehoe avevano bisogno di camerieri; io me la cavavo, sapevo l’inglese e così mi adattai a quello che mi offrirono; pur di star lì avrei fatto di tutto!!! Iniziai a lavorare quindi nel ristorante, e dopo un paio di settimane mi fecero il contratto stagionale con il quale potei far richiesta del visto lavorativo per vivere e lavorare regolarmente nel paese. Dopo circa un mese e mezzo mi offrirono un posto in reception, sempre per via del mio inglese; accettai, giusto per imparare qualcosa di nuovo, sebbene lo stare al chiuso mi opprimesse. Fuori c’erano degli spazi immensi, montagne, vento, laghi, boschi…insomma era una terra che aspettava solamente di essere camminata.
Lavoravamo con turni di 11/4, per cui dopo undici giorni continui avevi a disposizione quattro giorni liberi per andare dove volevi; tornare a Puerto Natales, tra la civiltà, o rimanere a camminare nel parco. Io avevo la tenda e lo zaino per cui ne approfittai.

Prima di Natale ci fu l’opportunità di spostarsi in manutenzione, ovvero a respirare aria fresca; presi l’occasione e fu la scelta migliore per me. Manutenzione significava un po’ di tutto, star fuori in giardino a potare la siepe o tagliare l’erba, raccogliere la spazzatura che ogni 3/4 giorni veniva caricata in un furgone per essere trasportata in paese, mantenere il funzionamento del sistema di depurazione delle acque nere, eseguire la manutenzione ordinaria e straordinarie delle caldaie e del sistema di riscaldamento dell’albergo, sistemare il magazzino e le celle frigorifere quando arrivavano le provviste, portar dentro e fuori i bagagli degli ospiti…insomma, un tuttofare senza orario di inizio o fine giornata…ma ragazzi, mentre giravi come una trottola bastava alzare gli occhi e le montagne erano lì!!

Quella mia prima stagione rimasi fino a fine aprile, poi dopo Pasqua, l’albergo chiudeva i battenti con l’arrivo dell’inverno ed io avevo messo da parte abbastanza quattrini per permettermi di ritornare sulla strada. Da sud a nord viaggiai dapprima verso l’isola di Navarino, poi risalii lungo la Ruta 40 in Argentina rientrando in Cile fino al deserto di atacama, successivamente arrivarono le montagne del Perù ed infine l’Ecuador dove, dopo aver visitato un carissimo amico a Guayaquil, decisi di finire il mio viaggio con il botto: le isole Galapagos!
Game over e si rientra a Padova.
Quindi dopo quasi due anni di viaggio nel cuore dell’America Latina hai deciso di rientrare in patria?
Ebbene sì, mi mancavano la famiglia e gli amici e ritenevo oramai completato il mio percorso, sebbene comunque un seme era già stato piantato e non ci mise poco a germinare. Feci ritorno ad inizio ottobre e dopo meno di tre settimane riuscii a rientrare nei binari; un’azienda di Padova, mi fece un contratto a tempo determinato di un anno come ingegnere junior all’interno del loro ufficio tecnico. Si progettavano e costruivano attrezzature per la robotica e l’assemblaggio di connettori elettrici ed elettronici del settore automobilistico. L’ambiente era interessante, stimolante, con colleghi di lavoro splendidi e buone prospettive di crescita, però capisci bene che passare dalle distese sconfinate della Patagonia e dei suoi ghiacciai alla ZAP (Zona Industriale di Padova) era tutta un’altra cosa.

Le immagini, i ricordi e le emozioni del Paine facevano ritorno nella mia mente, sempre di più e con maggiore preponderanza. Lasciai passare i dodici mesi di contratto dopodiché presi la decisione di tornare nell’emisfero sud, questa volta con un progetto più dettagliato e concreto, nonché nuove idee più chiare per iniziare una nuova vita nella terra di Sepulveda e Coloane.
E’ durante questa nuova fase in cui sei entrato a fare parte di Trekkilandia?

Esattamente! Tornare in Patagonia fu “facile”, già conoscevo l’ambiente, sapevo come muovervi, come ottenere il permesso di lavoro, dove andare e cosa volevo fare. Avevo intenzione di trasformarmi in una guida turistica e di trekking per poter lavorare a Torres del Paine e nel resto del paese. Mi presi la briga di iniziare da zero, feci i corsi per prendere il riconoscimento di guida escursionistica (l’equivalente G.A.E. in Italia) ed iniziai a lavorare per un hotel situato a Puerto Natales, The Singular Patagonia, dove passai due stagioni bellissime ed intense; imparai ad andare a cavallo, in kayak, a navigare con gli zodiac ed ovviamente potei dar sfogo alle mie passioni all’aria aperta.

Ovviamente non volevo perdere il contatto con l’Italia e di volta in volta mi dedicavo ad accompagnare gruppi di camminatori italiani; fu in una di queste occasioni che conobbi prima Marco, proprietario dell’agenzia Naturaviaggi, e poi Luca. Dopo un paio di incontri e di viaggi nel Paine passati insieme, Luca mi propose di iniziare a collaborare con questa combriccola professionisti del cammino che è Trekkilandia ed eccomi qui!
Com’è vivere a Puerto Natales, lontani ed isolati dal resto del paese e del mondo, anche alla luce dei recenti fatti legati all’espansione del Covid-19?
Ebbene, Puerto Natales è una cittadina piccola, conta poco più di ventimila abitanti. E’ un paese a cavallo tra i fiordi e le montagne, dove la gente vive di pesca, allevamento di bovini ed ovini e del turismo. Qui dove viviamo si produce ben poco per la sostenibilità della popolazione; in Patagonia non crescono ortaggi, cereali o frutta e di conseguenza la maggior parte dei prodotti di consumo alimentare devono essere importati dal resto del Cile. Come? Via terra, attraverso l’Argentina, o via mare e chiaramente la chiusura delle frontiere dovuta alla recente crisi sanitaria legata al Covid-19 ci ha tagliato un poco fuori. L’importazione di questi prodotti rende di conseguenza la vita da queste parti molto costosa, il Cile già di suo è un paese caro che viaggia su costi della vita simili a quelli italiani, motivo per cui la Patagonia diventa ancora più cara e chi l’ha potuta conoscere e visitare lo saprà bene.

Dall’altro lato il nostro isolamento ha permesso al virus di rimanere lontano, a Puerto Natales si sono contati finora poco meno di 10 casi positivi e nessun deceduto. Il Cile non è mai entrato in lockdown totale anche se nel momento in cui le frontiere sono state definitivamente chiuse a metà marzo, i servizi turistici hanno dovuto chiudere i battenti e per noi c’è stato un arresto anticipato della stagione che altrimenti sarebbe durata ancora per un mese e mezzo. Ci riteniamo comunque fortunati di poter godere di un poca di libertà nel poterci spostare ed andare a fare qualche trekking qui in zona, dopotutto l’autunno da queste parti è il momento migliore per ammirare i boschi cambiare il loro colore. Negli scorsi weekend siamo usciti spesso assieme a mia moglie a camminare e ne abbiamo approfittato per percorrere sentieri poco battuti che con i turisti non frequentiamo, il Cerro Castillo o il Cerro Mocho sono montagne spettacolari; dal livello del mare sali su dritto a 1500m, poi ti guardi indietro e vedi il fiordo, i laghi ed i ghiacciai. Perlopiù durante l’autunno e l’inverno il vento diminuisce la sua intensità e le giornate sono terse anche se fredde.

Per qualsiasi domanda, suggerimento, curiosità e storie sulla Patagonia Marco sarà felice di rispondervi attraverso la sua e-mail:
marco_rosso86@libero.it o dal suo numero +56 9780 12414
Mentre tutte le informazioni dettagliate sui programmi, i costi e la logistica dei viaggi in Patagonia e in Cile li trovate nei seguenti link:
Viaggio Trekking in Patagonia: https://www.trekkilandia.it/viaggi/viaggio-overland-in-patagonia
Trekking Circuito Paine: https://www.trekkilandia.it/viaggi/trekking-in-patagonia-circuito-o
Trekking Isola Navarino: https://www.trekkilandia.it/viaggi/trekking-patagonia-isola-navarino
Deserto di Atacama Overland: https://www.trekkilandia.it/viaggi/overland-deserto-atacama
SCOPRI I NOSTRI VIAGGI IN PATAGONIA
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Marco, una delle nostre due guide expat di Trekkilandia, ci parla di come ha scoperto e del perché ha deciso di stabilirsi nella cittadina di Puerto Natales, Patagonia cilena, nella quale risiede stabilmente da oramai cinque anni e che utilizza sia come base per i trekking all’interno del parco nazionale Torres del Paine e nel resto della Patagonia argentina, sia per i viaggi a piedi che organizza in Perù durante l’inverno australe.
Ci racconti quando e come hai conosciuto questa terra estrema di cui ti sei innamorato?
Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri; era il 27 settembre 2013, la primavera stava sbocciando in Patagonia ed io provenivo da quasi un anno di viaggio zaino in spalla che iniziai novembre 2012 dal Messico e che mi portò ad attraversare e conoscere la maggior parte dei paesi centro americani. Raggiunsi Santiago e successivamente Valparaiso in cui mi fermai a visitare un carissimo amico, Nicolas, che conobbi ad Amburgo durante la mia esperienza Erasmus. Assieme a lui e alla sua gentilissima famiglia passai un paio di settimane, ero curioso di conoscere il loro paese ma anche un po’ stanco di girovagare senza una meta e avevo voglia di ritornare ad una sorta di routine quotidiana. Ricordo che nella libreria di casa c’era un bellissimo volume che parlava di un parco nella lontana Patagonia cilena, Torres del Paine, che ignoravo, e di quando in quando lo sfogliavo trovandoci immagini meravigliose.
Poi un giorno parlando con Nico, mi disse che poteva passarmi dei contatti per cercare lavoro all’interno del parco; così fece, inviai varie e-mail con il mio curriculum e dopo meno di una settimana avevo già un paio di risposte. La stagione turistica era alle porte e alcuni hotel e rifugi cercavano personale per iniziare a lavorare a fine settembre. Eccola lì, quella era la mia occasione. Sicché senza pensarci due volte, ringraziai la famiglia Muller per l’ospitalità e presi un biglietto di sola andata Santiago – Punta Arenas, 2600km di autubus attraversando le Ande, entrando in Argentina per poi uscirne e raggiungere la città di Punta Arenas, nel cuore della regione di Magallanes. Cercai un ostello e all’indomani mi recai al mio primo colloquio, ero nervoso, vestito da viaggiatore, biascicando un cileno (in Cile si usa uno slang molto diverso dallo spagnolo “castellano”) ancora alle prime armi, tuttavia, la buona sorte mi dette un’opportunità e così…baam, mi ritrovai in un altro bus diretto a Puerto Natales e successivamente a Torres del Paine.

La giornata era splendida, da decine di kilometri si vedeva il massiccio del Paine avvicinarsi sempre più; i laghi turchesi, i guanacos, le torri, i cuernos…e poi l’Hosteria Pehoe, un piccolo albergo situato su un’isoletta all’interno dell’omonimo lago. La vista da lì era spaventosa, e decisi subito che per otto mesi quella poteva essere la mia nuova “casa”.
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Che meraviglia, sicché ti sei messo subito a lavorare come guida nel parco?
No, no, tutt’altro. In quel momento, all’hosteria Pehoe avevano bisogno di camerieri; io me la cavavo, sapevo l’inglese e così mi adattai a quello che mi offrirono; pur di star lì avrei fatto di tutto!!! Iniziai a lavorare quindi nel ristorante, e dopo un paio di settimane mi fecero il contratto stagionale con il quale potei far richiesta del visto lavorativo per vivere e lavorare regolarmente nel paese. Dopo circa un mese e mezzo mi offrirono un posto in reception, sempre per via del mio inglese; accettai, giusto per imparare qualcosa di nuovo, sebbene lo stare al chiuso mi opprimesse. Fuori c’erano degli spazi immensi, montagne, vento, laghi, boschi…insomma era una terra che aspettava solamente di essere camminata.
Lavoravamo con turni di 11/4, per cui dopo undici giorni continui avevi a disposizione quattro giorni liberi per andare dove volevi; tornare a Puerto Natales, tra la civiltà, o rimanere a camminare nel parco. Io avevo la tenda e lo zaino per cui ne approfittai.

Prima di Natale ci fu l’opportunità di spostarsi in manutenzione, ovvero a respirare aria fresca; presi l’occasione e fu la scelta migliore per me. Manutenzione significava un po’ di tutto, star fuori in giardino a potare la siepe o tagliare l’erba, raccogliere la spazzatura che ogni 3/4 giorni veniva caricata in un furgone per essere trasportata in paese, mantenere il funzionamento del sistema di depurazione delle acque nere, eseguire la manutenzione ordinaria e straordinarie delle caldaie e del sistema di riscaldamento dell’albergo, sistemare il magazzino e le celle frigorifere quando arrivavano le provviste, portar dentro e fuori i bagagli degli ospiti…insomma, un tuttofare senza orario di inizio o fine giornata…ma ragazzi, mentre giravi come una trottola bastava alzare gli occhi e le montagne erano lì!!

Quella mia prima stagione rimasi fino a fine aprile, poi dopo Pasqua, l’albergo chiudeva i battenti con l’arrivo dell’inverno ed io avevo messo da parte abbastanza quattrini per permettermi di ritornare sulla strada. Da sud a nord viaggiai dapprima verso l’isola di Navarino, poi risalii lungo la Ruta 40 in Argentina rientrando in Cile fino al deserto di atacama, successivamente arrivarono le montagne del Perù ed infine l’Ecuador dove, dopo aver visitato un carissimo amico a Guayaquil, decisi di finire il mio viaggio con il botto: le isole Galapagos!
Game over e si rientra a Padova.
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Quindi dopo quasi due anni di viaggio nel cuore dell’America Latina hai deciso di rientrare in patria?
Ebbene sì, mi mancavano la famiglia e gli amici e ritenevo oramai completato il mio percorso, sebbene comunque un seme era già stato piantato e non ci mise poco a germinare. Feci ritorno ad inizio ottobre e dopo meno di tre settimane riuscii a rientrare nei binari; un’azienda di Padova, mi fece un contratto a tempo determinato di un anno come ingegnere junior all’interno del loro ufficio tecnico. Si progettavano e costruivano attrezzature per la robotica e l’assemblaggio di connettori elettrici ed elettronici del settore automobilistico. L’ambiente era interessante, stimolante, con colleghi di lavoro splendidi e buone prospettive di crescita, però capisci bene che passare dalle distese sconfinate della Patagonia e dei suoi ghiacciai alla ZAP (Zona Industriale di Padova) era tutta un’altra cosa.

Le immagini, i ricordi e le emozioni del Paine facevano ritorno nella mia mente, sempre di più e con maggiore preponderanza. Lasciai passare i dodici mesi di contratto dopodiché presi la decisione di tornare nell’emisfero sud, questa volta con un progetto più dettagliato e concreto, nonché nuove idee più chiare per iniziare una nuova vita nella terra di Sepulveda e Coloane.
E’ durante questa nuova fase in cui sei entrato a fare parte di Trekkilandia?

Esattamente! Tornare in Patagonia fu “facile”, già conoscevo l’ambiente, sapevo come muovervi, come ottenere il permesso di lavoro, dove andare e cosa volevo fare. Avevo intenzione di trasformarmi in una guida turistica e di trekking per poter lavorare a Torres del Paine e nel resto del paese. Mi presi la briga di iniziare da zero, feci i corsi per prendere il riconoscimento di guida escursionistica (l’equivalente G.A.E. in Italia) ed iniziai a lavorare per un hotel situato a Puerto Natales, The Singular Patagonia, dove passai due stagioni bellissime ed intense; imparai ad andare a cavallo, in kayak, a navigare con gli zodiac ed ovviamente potei dar sfogo alle mie passioni all’aria aperta.

Ovviamente non volevo perdere il contatto con l’Italia e di volta in volta mi dedicavo ad accompagnare gruppi di camminatori italiani; fu in una di queste occasioni che conobbi prima Marco, proprietario dell’agenzia Naturaviaggi, e poi Luca. Dopo un paio di incontri e di viaggi nel Paine passati insieme, Luca mi propose di iniziare a collaborare con questa combriccola professionisti del cammino che è Trekkilandia ed eccomi qui!
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Com’è vivere a Puerto Natales, lontani ed isolati dal resto del paese e del mondo, anche alla luce dei recenti fatti legati all’espansione del Covid-19?
Ebbene, Puerto Natales è una cittadina piccola, conta poco più di ventimila abitanti. E’ un paese a cavallo tra i fiordi e le montagne, dove la gente vive di pesca, allevamento di bovini ed ovini e del turismo. Qui dove viviamo si produce ben poco per la sostenibilità della popolazione; in Patagonia non crescono ortaggi, cereali o frutta e di conseguenza la maggior parte dei prodotti di consumo alimentare devono essere importati dal resto del Cile. Come? Via terra, attraverso l’Argentina, o via mare e chiaramente la chiusura delle frontiere dovuta alla recente crisi sanitaria legata al Covid-19 ci ha tagliato un poco fuori. L’importazione di questi prodotti rende di conseguenza la vita da queste parti molto costosa, il Cile già di suo è un paese caro che viaggia su costi della vita simili a quelli italiani, motivo per cui la Patagonia diventa ancora più cara e chi l’ha potuta conoscere e visitare lo saprà bene.

Dall’altro lato il nostro isolamento ha permesso al virus di rimanere lontano, a Puerto Natales si sono contati finora poco meno di 10 casi positivi e nessun deceduto. Il Cile non è mai entrato in lockdown totale anche se nel momento in cui le frontiere sono state definitivamente chiuse a metà marzo, i servizi turistici hanno dovuto chiudere i battenti e per noi c’è stato un arresto anticipato della stagione che altrimenti sarebbe durata ancora per un mese e mezzo. Ci riteniamo comunque fortunati di poter godere di un poca di libertà nel poterci spostare ed andare a fare qualche trekking qui in zona, dopotutto l’autunno da queste parti è il momento migliore per ammirare i boschi cambiare il loro colore. Negli scorsi weekend siamo usciti spesso assieme a mia moglie a camminare e ne abbiamo approfittato per percorrere sentieri poco battuti che con i turisti non frequentiamo, il Cerro Castillo o il Cerro Mocho sono montagne spettacolari; dal livello del mare sali su dritto a 1500m, poi ti guardi indietro e vedi il fiordo, i laghi ed i ghiacciai. Perlopiù durante l’autunno e l’inverno il vento diminuisce la sua intensità e le giornate sono terse anche se fredde.

Per qualsiasi domanda, suggerimento, curiosità e storie sulla Patagonia Marco sarà felice di rispondervi attraverso la sua e-mail:
marco_rosso86@libero.it o dal suo numero +56 9780 12414
Mentre tutte le informazioni dettagliate sui programmi, i costi e la logistica dei viaggi in Patagonia e in Cile li trovate nei seguenti link:
Viaggio Trekking in Patagonia: https://www.trekkilandia.it/viaggi/viaggio-overland-in-patagonia
Trekking Circuito Paine: https://www.trekkilandia.it/viaggi/trekking-in-patagonia-circuito-o
Trekking Isola Navarino: https://www.trekkilandia.it/viaggi/trekking-patagonia-isola-navarino
Deserto di Atacama Overland: https://www.trekkilandia.it/viaggi/overland-deserto-atacama